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Airgun: la risposta delle associazioni agli enti di ricerca

Airgun: la risposta delle associazioni agli enti di ricerca

Egregi Presidenti e Direttori,
abbiamo letto con grande stupore la vostra lettera del 9 marzo 2015 sulla proibizione dell’uso di air gun nell’esplorazione del sottosuolo in ambiente marino, prevista dal ddl sugli ecoreati approvato recentemente dal Senato e ora in discussione alla Camera dei deputati.
Non comprendiamo né il merito delle contestazioni, né i timori sul futuro delle attività dei vostri importanti Istituti di ricerca. Nella lettera si fanno una serie di considerazioni che abbiamo più volte sentito esplicitare dal mondo petrolifero e non capiamo il motivo per cui voi, autorevoli rappresentanti di enti pubblici, vi facciate portavoce delle stesse argomentazioni di società private impegnate nella ricerca di idrocarburi nel sottosuolo marino.
L’emendamento approvato in Senato, come riportato puntualmente all’inizio della vostra lettera, non impone alcuna “proibizione cieca” ma distingue nettamente e chiarisce che la finalità del divieto dell’uso dell’air gun è solo «per le attività di ricerca e di ispezione dei fondali marini finalizzate alla coltivazione di idrocarburi». E’ evidente che le vostre meritorie attività di ricerca scientifica non sono minimamente coinvolte dal divieto, che è limitato alle prospezioni e ricerche petrolifere.

Francamente questa vostra presa di posizione appare incomprensibile e fuorviante.
L’emendamento in questione non colpisce mortalmente né sfiora la ricerca scientifica, che potrete tranquillamente continuare a fare, ma ferma solo una pratica in campo petrolifero che da molto tempo è al centro di un accesissimo dibattito internazionale per i suoi notevoli impatti sull’ambiente, evidenziati con forza anche nelle conclusioni del “Rapporto tecnico – Valutazione e mitigazione dell’impatto acustico dovuto alle prospezioni geofisiche nei mari italiani” pubblicato nel maggio 2012 da Ispra, curiosamente proprio uno degli enti di ricerca che hanno firmato la lettera a difesa dell’air gun di cui sopra. Del resto la stessa Strategia marina con il Descrittore 11 che voi stessi citate nella lettera impone di minimizzare il più possibile l’impatto di simili attività. Riteniamo poi curiosa e discutibile anche la vostra preoccupazione sul paventato problema macroeconomico che questo divieto procurerebbe al Paese. Di petrolio sotto ai mari italiani infatti ce n’è in quantità risibili: stando ai dati del Ministero dello Sviluppo economico, le riserve certe di petrolio nei fondali marini ammontano a circa 10 milioni di tonnellate, che agli attuali tassi di consumo nazionale esauriremmo in appena 8 settimane. Piuttosto è molto significativa l’interazione di tali attività con la pesca: uno studio del Norvegian Institute of Marine Research riporta che si può registrare una diminuzione del pescato anche del 50% intorno ad una sorgente sonora che utilizza airgun. Questi sono i veri danni causati all’economia italiana. E poi ci preme sottolineare che a livello economico contano molto di più tutte le altre attività, a partire dal turismo e dalla pesca, che sarebbero messe in ginocchio in caso di incidente durante le attività petrolifere in mare, come dimostrano le prese di posizione di diverse associazioni di categoria su questo fronte. Tale divieto è stato inserito in un disegno di legge per l’inserimento di quattro nuovi delitti ambientali nel codice penale che, dopo una complicatissima gestazione al Senato durata più di un anno, è arrivato alla Camera dei deputati per quello che ci auguriamo sia l’ultimo passaggio istituzionale prima di diventare legge dello Stato. Si tratta di una norma attesa da almeno vent’anni che garantirebbe, dopo decenni di impunità di ecomafiosi ed ecocriminali, la tutela dell’ambiente, della salute e della parte sana dell’economia e che è stata al centro anche dell’intervento del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella lo scorso 8 marzo in occasione della ricorrenza della Festa della donna. Chiedere oggi di modificare il disegno di legge sugli ecoreati non produce alcun effetto sulla necessaria regolamentazione di questo tipo di attività, che pure voi auspicate, ma solo un pericoloso rinvio dell’approvazione definitiva del ddl, con un nuovo rimpallo al Senato, con l’unico effetto di ritardare ulteriormente o ancora peggio affondare una riforma di civiltà che il Paese attende da troppo tempo.
Ci auguriamo che alla nostra accorata richiesta ai deputati di approvare il ddl sugli ecoreati senza cambiare neanche un virgola si possa affiancare anche la vostra, considerando le importanti attività di tutela ambientale in cui gli enti che presiedete sono coinvolti.
Siamo ovviamente a vostra disposizione per qualunque ulteriore chiarimento riteniate necessario e restiamo in attesa di un vostro cortese riscontro pubblico in questo senso.
Vi salutiamo cordialmente.

Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo Greenpeace Italia

Vittorio Cogliati Dezza, presidente nazionale Legambiente

Donatella Bianchi, presidente Wwf Italia

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