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Consorzio Oli: Ministro, qui si tratta di capire come vengono spesi i soldi dei cittadini

Consorzio Oli: Ministro, qui si tratta di capire come vengono spesi i soldi dei cittadini

A questo punto ci siamo. Il Regolamento che trasformerà il Coou in Conou, ovvero Consorzio Nazionale per la Gestione, Raccolta e trattamento degli oli minerali usati, con conseguente allargamento della base associativa, sta per essere varato. Il tutto, ancora una volta, senza coinvolgere proporzionatamente i rappresentanti delle categorie interessate. In pratica è come se si fosse deliberatamente replicato lo stesso errore che contestiamo da mesi, attraverso informazioni raccolte da notizie di Organi di stampa le Associazioni di categoria e tramite due interrogazioni parlamentari, presentate a mia firma. L’organo amministrativo del consorzio ha deciso di intraprendere il mutamento a partire dal prossimo 3 luglio, senza attendere l’approvazione del suo ministero, e seppure in prorogatio da un anno con scadenza 27 giugno 2017, approverà comunque la sua ulteriore proroga per altri sei mesi, senza esserne legittimato.

Per l’approvazione dello statuto, manca soltanto un passaggio: il beneplacito del ministero dell’Ambiente. Per questo motivo torniamo a chiedere con forza al ministro Galletti di non voltare la testa dell’altra parte, ma di agire in modo determinato, e che sia ripristinata la legalità, tutelando in primo luogo l’ambiente, e che i denari dei cittadini italiani siano gestiti in modo trasparente. L’iter di approvazione prevedrebbe infatti che, dopo le modifiche apportate dal Consorzio allo statuto (modifiche determinate senza il coinvolgimento di tutti gli organi interessati), il ministero dell’Ambiente esprima al riguardo un proprio parere, prima che lo statuto sia varato.

Spetta quindi al ministro Galletti impedire che si ripeta per la seconda volta il medesimo errore e che la legalità sia compiutamente rispettata. Sono di fatto sette anni che il Consorzio opera nel settore regolato da uno statuto mai approvato dai dicasteri. Una situazione oramai insostenibile e paradossale, per la quale tutte le decisioni prese dal CdA del COOU, dal 2009 in avanti, possono considerarsi illegittime. Una su tutte? Il rincaro del contributo ambientale deciso nel 2009. Un balzello considerato inammissibile, vista la sentenza del tribunale di Roma, dal momento in cui l’Organo Amministrativo del consorzio non avrebbe mai potuto decidere autonomamente alcuna modifica alla norma Statutaria, senza che vi fosse il via libera dei ministri dell’Ambiente e dello Sviluppo economico, cui Galletti e Calenda, come se il Consorzio non avesse considerato i requisiti imprescindibili per la propria gestione. Non solo, i ministeri avrebbero dovuto verificare e vigilare attentamente, nonostante vi siano nel consiglio di amministrazione e nel collegio sindacale di questo consorzio dei funzionari dei ministeri; Ambiente, Sviluppo economico, Finanze e Sanità, ma costoro hanno deliberatamente deciso di non farlo.

Per questo motivo chiediamo al ministro Galletti e al ministro Calenda, di bloccare l’approvazione di uno Statuto e del Regolamento, disposto senza alcun coinvolgimento formale dei rappresentanti delle categorie dei consorziati legittimamente inseriti dal Legislatore con il correttivo del 2008. Le categorie citate nella norma di legge hanno il pieno diritto e il dovere e a prender parte alla discussione e ogni decisione nel merito. Tra l’altro approvato dal Cda vigente, con l’astensione del rappresentante del ministero dell’Economia, assente il rappresentante del Mise e nonostante alcune perplessità illustrate dal rappresentante del ministero dell’Ambiente; riguardante la sentenza del 20 dicembre scorso del Tribunale di Roma che, su ricorso di un rigeneratore escluso dal gioco,di cui la Siro, vede annullata la Delibera consiliare approvata dal CdA il 10 marzo 2014 che introduce il nuovo modello organizzativo. Senza dimenticare la spada di Damocle del Tar del Lazio, che ha rinviato al 6 febbraio 2018 la decisione del merito su ricorso di 9 imprese di raccoglitori che chiedono l’annullamento dello schema di statuto tipo.

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