Venerdì 11 dicembre, la Conferenza Mondiale sul Clima di Parigi, Cop 21, chiuderà i battenti dopo due settimane di lavori. Sarà il momento per capire se quanto fin qui manifestato a parole, troverà traduzione in un accordo vincolante per tutti i 196 Stati partecipanti.
Laurent Fabius, presidente della Conferenza, ha mostrato ottimismo ma, giunti alla stretta finale, risulta evidente come i contorni di quello che dovrà essere il testo dell’accordo definitivo restino ancora sfumati. Il rischio di un accordo vago, comincia ad assumere concretezza.
Cop 21 sta faticando a procedere verso la chiusura dei lavori, perché il nodo del contendere riguarda fondi e finanza. Sono in molti a sostenere che l’aspetto più intricato dell’intera faccenda, riguardi proprio i fondi da destinare ai Paesi in crescita. Stanziamenti destinati a convincere le economia in fase di sviluppo, a rinunciare all’attuale sistema energetico, retto da combustibili fossili. Un modello che garantisce sì la possibilità di una rapida crescita, ma che ha altresì portato il pianeta all’attuale scenario. La sezione del testo relativa a finanziamenti e compensazioni, è ancora intrisa di parentesi. Su questo punto non bisogna commettere errori, se i fondi verranno stanziati per mantenere in vita il sistema di sviluppo attuale, nessun meccanismo di compensazioni potrà mai essere sufficiente. Servirà solo a ritardare il tracollo.
Manca l’accordo anche sull’obiettivo dichiarato di Cop 21, ovvero il tetto massimo entro il quale fissare l’innalzamento globale delle temperature. Tre le opzioni elencate all’interno dell’articolo 2: fermare il riscaldamento globale “sotto i 2°C” dai livelli preindustriali, oppure “ben al di sotto dei 2°C”, oppure “sotto a 1,5°C”, come si augurano i portavoce del Movimento Cinque Stelle. Due le ipotesi anche per ciò che concerne la tempistica entro la quale, gli Stati dovranno portare a termine i propri impegni di riduzione delle emissioni. Le due ipotesi per la riduzione al 2050 delle emissioni, inserite fra parentesi quadre, parlano del 40-70% oppure del 70-95%.
Il rischio è che, senza una visione a 360 gradi del sistema pianeta e di come si voglia integrarlo con l’uomo, tutto si riduca ad un mero dibattito di finanza. Abbiamo tutti gli strumenti: tecnologia e conoscenza, per imprimere un reale cambiamento alle nostre abitudini. L’obiettivo fondamentale da raggiungere a Parigi è una vera volontà politica condivisa. I popoli hanno già capito l’importanza di quanto verrà deciso nelle prossime ore, una consapevolezza che i governi, ancora troppo legati ad interesse di parte, faticano a raggiungere.