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Verso Parigi Cop 21: tavola rotonda a Palazzo Farnese

Verso Parigi Cop 21: tavola rotonda a Palazzo Farnese

Lunedì 19 ottobre, assieme ad alcuni fra i portavoce in commissione Ambiente e Territorio del Movimento 5 Stelle, parteciperò alla tavola rotonda: “Capire per agire, Verso la Conferenza Parigi Clima 2015”.L’incontro si terrà presso l’Ambasciata Francese in Italia, a palazzo Farnese.

Sarà un’occasione importante, per cominciare a delineare le strategie comuni in vista di COP 21, la conferenza mondiale sul clima che si terrà a Parigi dal 30 novembre al 11 dicembre. Alla tavola rotonda parteciperanno: Pascale Delecluse, direttrice dell’Institut National des Sciences de l ‘Univers; Maria Cristina Facchini, Istituto di Scienze dell’Atmosfera e del Clima; Laurent Bopp, Laboratoire des Sciences du Climat et de l’Environnement; Massimiliano Pasqui, Istituto di Biometereologia.

InvitoIntanto pochi giorni fa l’UNFCCC ha pubblicato la bozza, che dovrà essere lavorata alla conferenza sul clima di Parigi e che fungerà da base per i colloqui preliminari che si terranno a Bonn dal 19 al 23 ottobre. Si tratta di una traccia di cosa si deciderà alla COP 21 e indica quali elementi del trattato porteranno ad impegni legalmente vincolanti.

Il documento, firmato dai due copresidenti della COP 21, il diplomatico algerino Ahmed Djoghlaf e lo statunitense Dan Reifsnyder, conferma ad esempio che ogni 5 anni le nazioni aderenti al trattato dovranno presentare dei piani, in modo che gli Intended Nationally Determined Contributions (INDC) possano essere adeguati costantemente.

Per le decisioni in evoluzione, il documento prevede l’opzione di un incontro da tenersi nel 2018 o nel 2019, per fare il punto con un certo anticipo sui progressi prima di annunciare i successivi impegni di riduzione delle emissioni. La bozza, al solito, resta sul vago su molti aspetti.

Si cita ad esempio la questione del loss and damage, il risarcimento che dovrebbe spettare a quei Paesi che subiranno gli impatti peggiori pur non avendo contribuito che in minima parte all’effetto serra. Si parla del fondo da 100 miliardi di dollari all’anno dal 2020 che dovrà aiutare i Paesi più poveri ad affrontare la sfida, specificando che potrà essere successivamente incrementato.

Si glissa poi sulle emissioni di aviazione e trasporti marittimi: la bozza precedente parlava di ridurre le emissioni dei due settori, non soggetti a restrizioni nazionali, ma sembra che l’opposizione delle due lobby per ora abbia avuto la meglio.

terreno arido palazzi-thumb-500x281-48117Nel complesso il testo pubblicato ieri ha ben 231 parentesi quadre; sono quelle che dovranno essere riempite a Parigi. Dunque c’è molto lavoro da fare. Intanto molti Paesi, 49 per la precisione, non hanno ancora presentato i loro impegni volontari di riduzione delle emissioni, sforando così rispetto alla deadline che era prevista per lo scorso primo ottobre. Tra questi 49 ritardatari ci sono alcuni dei più grandi produttori di petrolio, come Arabia Saudita e Iran – mentre i 10 maggiori emettitori hanno tutti già inviato i loro INDC.

L’ultimo grande paese a farlo è stato l’India che si è impegnata a ridurre la carbon intensity (cioè le emissioni di CO2 in rapporto al PIL) del 33-35% rispetto ai livelli del 2005 entro il 2030. Un obiettivo che farebbe comunque aumentare le emissioni indiane come valore assoluto, vista la attesa crescita economica. Per lo stesso anno l’India punta ad avere da fonti non fossili il 40% della sua domanda elettrica e attiverà politiche forestali tali da assorbire 2,5-3 miliardi di tonnellate di CO2.

Fermare il riscaldamento globale, lavorando per limitare le emissioni di CO2 e fissare ad un massimo di due gradi centigradi l’incremento della temperatura nei prossimi anni, non rappresenta più un obiettivo a lungo termine, ma un urgenza immediata.

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