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Il consumo di suolo e le città fantasma, dai deserti urbani cinesi un preoccupato sguardo al futuro

Il consumo di suolo e le città fantasma, dai deserti urbani cinesi un preoccupato sguardo al futuro

In Italia il consumo di suolo viaggia alla velocità di 4 metri quadrati ‘mangiati’ ogni secondo, per un totale di 35 ettari al giorno, ovvero 250 km quadrati in un biennio. Un fenomeno che costa alla collettività 800 milioni di euro l’anno, in termini di valore delle funzioni ecologiche definitivamente perse. Oltre ad averci fatto dire addio in 25 anni a un quarto dei campi coltivabili. Alla cementificazione selvaggia si legano poi, in maniera ormai accertata, il dissesto idrogeologico, i cui danni ogni anno si ripercuotono sui cittadini italiani, nonché i cambiamenti climatici contro i cui effetti siamo oggi costretti a combattere una delle battaglie più importanti battaglie del nostro tempo.

CONSUMO DI SUOLO. Spesso si fa fatica a comprendere come le dinamiche legate al suolo consumato impattino sulla vita di tutti i giorni. La sfida è far realizzare all’opinione pubblica come la cementificazione selvaggia abbia a che fare con la loro quotidianità. Consumo di suolo è l’ennesima inutile superstrada, consumo di suolo sono i palazzi che crescono dalla sera alla mattina (per poi rimanere vuoti) nelle periferie delle nostre città, magari mentre le case in centro cadono a pezzi, consumo di suolo è il raddoppio del centro commerciale che condanna alla chiusura i negozietti del centro e via dicendo. Ultimamente, gli effetti del consumo di suolo cominciano ad essere tangibili anche all’interno delle nostre città. Con particolare riferimento all’hinterland milanese – comuni come Lissone, Sesto San Giovanni, Cusano Milanino, Corsico e Pero sono fra i maggiormente interessati dal fenomeno – sarà capitato a tutti di notare la moltitudine di nuove costruzioni rimaste desolantemente vuote. Intanto però i palazzinari continuano a costruire, magari proprio lì di fianco. Come mai?

IL CASO. Una risposta interessante a questa domanda arriva dall’inchiesta pubblicata su: “Il Corriere della Sera” a firma di Guido Stantevecchi: “Cina, le nuove città fantasma 50 milioni di unità non occupate“. Tenendo ben a mente le debite proporzioni, la Cina è un paese decisamente più grande rispetto al nostro, l’articolo offre uno spaccato inquietante, in merito ad un futuro di cemento e città fantasma. Tianjin-Yujiapu sarebbe dovuta essere la Manhattan della Cina, un centro finanziario tutto grattacieli e centri commerciali, ad oggi è un autentico deserto urbano. Una situazione che in Cina sta diventando comune a molti nuovi agglomerati urbani.

LE CIFRE. Scrive l’inviato del “Corriere della Sera“: <<102 città cinesi hanno raggiunto una popolazione pari o superiore al milione di abitanti; il 56,1% della popolazione vive in città e ormai la corsa dalle campagne verso l’urbanizzazione si sta fermando. Però, sottolinea la Commissione nazionale per lo sviluppo e la riforma, che traccia le politiche governative, gli amministratori di città piccole e medie hanno progettato 3.500 nuovi agglomerati con una capienza da 3,4 miliardi di persone. Avverte il rapporto: «Tre miliardi e 400 milioni di persone sono circa la metà della popolazione mondiale e oltre il doppio di quella cinese, attestata a 1,4 miliardi: i piani decisi a livello locale sono completamente irragionevoli». La Cina ha già molte più unità abitative di quante ne possano occupare i suoi cittadini. Dal 2011 sono stati costruiti in media oltre 10 milioni di appartamenti all’anno, a fronte di una domanda di 8 milioni, secondo un’analisi di Bloomberg Intelligence. Ci sono oltre 50 milioni di unità abitative non occupate, per 6 miliardi di metri quadrati vuoti, ha rilevato uno studio del team indipendente guidato dal professor Li Gan, che insegna alle università di Chengdu e del Texas. Per riassumere il quadro: la Cina ha usato in tre anni, dal 2011 al 2013, più cemento di quanto ne abbiano impiegato gli Stati Uniti in tutto il XX secolo>>.

PERCHE’ CONTINUARE A COSTRUIRE? La risposta sta nel “principio della bicicletta”. Citando l’inchiesta di Stantevecchi: “se la macchina produttiva smette di pedalare cade e l’industria immobiliare, che coinvolge acciaio, cemento, vetro e carbone rappresenta con l’indotto almeno il 15% del Prodotto interno lordo”. Un circolo vizioso, un’orgia di cemento e speculazione che rischia di stravolgere i paesaggi urbani anche delle nostre città, per non parlare delle ripercussioni sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.

SOLUZIONI. Come Movimento Cinque Stelle siamo dell’idea che al Paese occorra al più presto una legge seria contro il consumo di suolo. Il testo proposto è stato stravolto alla Camera in maniera irriconoscibile, nonostante questo la proposta ora è ferma da un anno in Senato. Serve un serio cambio di mentalità. Serve un governo capace di una visione organica e pluriennale, libero (nel senso che non abbia le mani legate da precedenti accordi elettorali) di orientare le imprese verso un modello di business volto alla riqualificazione, edilizia ed energetica, dell’esistente, piuttosto che verso la costruzione del nuovo. Spezzare quel circolo vizioso che in Cina ha prodotto città fantasma, per innescarne uno virtuoso capace di creare lavoro attraverso la riqualificazione energetica , nonché tutelare il nostro splendido territorio.

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