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In Italia respiriamo ancora amianto

In Italia respiriamo ancora amianto

In Italia ci sono circa 400mila cittadini che, quotidianamente, andando semplicemente a scuola, rischiano di ammalarsi. Parlo di studenti, docenti, personale scolastico. Persone che ogni giorno studiano o lavorano all’interno delle 2400 scuole italiane costruite con l’amianto. Il documentario “Asbeschool” ha mostrato come in Italia vi siano istituti scolastici in cui i presidi sono stati costretti a vietare fossero piantati chiodi nei muri, o ad impedire agli alunni di correre, per limitare lo spargersi nell’aria delle fibre di amianto. Misure ovviamente insufficienti.

Un incubo che abbiamo denunciato lunedì 27 marzo, durante il convegno organizzato sul tema: “Amianto – Quale lo stato dell’arte in Italia”, in occasione della ricorrenza con l’entrata in vigore della legge che ne sanciva il divieto d’utilizzo. Alla tavola rotonda, organizzata assieme ad Alberto Zolezzi, hanno partecipato anche ministero dell’Ambiente, con la dottoressa Laura D’Aprile, ministero della Salute, dottor Mariano Alessi, l’Ispra, con il dottor Marco Giangrasso, l’epidemiologo Valerio Gennaro, l’Osservatorio nazionale amianto con il presidente avvocato Ezio Bonanni, l’Afeva Sardegna con Salvatore Garau. Il dibattito ha mostrato come, nonostante la ricorrenza, ci sia ben poco da festeggiare. Esistono più di 600 norme sull’amianto, mancano le discariche, il monitoraggio è un miraggio lontano. Un compleanno amaro, quello della legge, che prevedeva la messa al bando dell’amianto, lo stop alla commercializzazione ma non includeva obbligo di rimozione. E ancora oggi in Italia ci sono decine di milioni di tonnellate di amianto in Italia.

Alcuni degli aspetti previsti dalla norma, non sono poi stati attuati. Manca una mappatura degli edifici con amianto sul territorio. Mappatura che, grazie alle moderne tecnologie, sarebbe facilmente realizzabile attraverso foto dal satellite. Mancano le discariche all’interno delle quali smaltire i residui di amianto, che di conseguenza spesso finiscono all’estero (in particolare in Germania) o ancora peggio nelle mani delle ecomafie. A latitare però, sono soprattutto i soldi necessari a portare avanti progetti di bonifica su scala nazionale. Spesso infatti le risorse vengono prima stanziate, il governo si fa bello con annunci e promesse, poi successivamente stornate per far fronte a spese più urgenti, magari come la Ryder Cup di golf. In Italia l’Ispra stima 380 aree a rischio. Luoghi in cui le fibre di amianto continuano a sbriciolarsi nell’aria. La bonifica di queste aree avrebbe un costo di 40-50 milioni di euro all’anno per tre anni.

La visione però non deve limitarsi alla spesa da sostenere, ma rientrare in un’ottica di investimento più grande. Bisogna costruire e rendere operative le discariche, occorre rendere conveniente per i privati smaltire l’amianto e bisogna far passare il concetto che questo tipo di intervento deve essere svincolato dal patto di stabilità. Non dobbiamo dimenticare infatti che è dimostrato come un miliardo di euro investito in bonifica generi 30.000 posti di lavoro.

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