Cosa succede quando chi sarebbe istituzionalmente investito del compito di indagare in merito agli intrecci fra mafia e politica, fa parte dello stesso Partito a Delinquere coinvolto nei traffici sui quali si dovrebbe indagare? Niente. La risposta è: non succede niente.

E’ notizia di ieri, come riporta il portavoce Nicola Morra, che la La
DDA di Catanzaro ha scoperto accordi elettorali tra politici ed esponenti mafiosi della cosca
“Lanzino-Rua’” della provincia di Cosenza. Le indagini parlano di un “
intreccio politico e mafioso” che ha consentito a candidati alle varie tornate elettorali per il rinnovo del Consiglio Comunale di Rende, dal 1999 al 2011, per il rinnovo del Consiglio Provinciale di Cosenza del 2009 e del Consiglio Regionale della Calabria del 2010, di ottenere l’
appoggio elettorale da parte di personaggi di rilievo della cosca di ‘ndrangheta “Lanzino-Ruà” di Cosenza, già tutti definitivamente condannati per “associazione mafiosa”, in cambio di favori.
Le cronache di diversi quotidiani calabresi hanno documentato nel dettaglio, quanto riportato dalle indagini. Potete vederlo nelle immagini qui di fianco. Alla luce di quanto emerso dalle cronache, i portavoce del Movimento Cinque Stelle in commissione Antimafia hanno chiesto alla presidente Rosi Bindi, di audire immediatamente Ernesto Magorno, di modo da ottenere il più in fretta possibile la massima trasparenza in merito all’inchiesta che ha portato all’arresto, tra gli altri, di quattro esponenti del Pd in Calabria.
La risposta della presidente è stata un secco: “NO“. Non solo, il tutto è stato minimizzato. Ora, d’accordo che ormai il coinvolgimento di un esponente del PD all’interno di un’inchiesta per mafia è diventata prassi quotidiana, ma che la commissione Antimafia del Parlamento italiano arrivi a minimizzare quanto successo in Calabria, va ben oltre i limiti della decenza. Ricordiamo tutti alla perfezione il bailame mediatico sollevato dal finto-caso Quarto. I portavoce del M5S furono immediatamente convocati dalla presidente Bindi e altrettanto immediatamente si sono presentati in commissione. Quando invece fatti ben più eclatanti richiederebbero un chiarimento altrettanto immediato, da parte di esponenti del Partito Democratico, è la commissione stessa ad ignorare i fatti. E’ accaduto con Vecchi, Delrio, Faraone e ora con Magorno.
La condotta della presidente Bindi, sminuendo l’altissimo ruolo della commissione Antimafia, mortifica ogni giorno il lavoro degli eroi, che hanno sacrificato la propria vita affinché lo Stato potesse finalmente liberarsi dal ricatto mafioso.