Scongiurare le tragiche conseguenze dei cambiamenti climatici, non significa soltanto limitare le emissioni di gas inquinanti, ma passa anche dalla tutela e dal rispetto che sapremo garantire alla terra che calpestiamo, che ci nutre e sulla quale poggiamo le nostre case.
Nell’ambito degli incontri a margine di Cop 21, la Conferenza Mondiale sul Clima di Parigi, questa mattina ho partecipato alla conferenza Soil Solution, organizzata da Centre for Food Saefty. L’idea del convegno partiva da un presupposto. Gli attuali sistemi agricoli industriali non sono efficienti. Non si tratta solamente di cambiare il nostro stile di vita e le nostre abitudini alimentari, ma l’obiettivo che dovremmo perseguire è quello di mirare a una maggiore produttività. E’ormai assodato come la coltivazione tradizionale, con fertilizzanti e pesticidi, consenta rendimenti e performance più alte nel breve periodo, finendo però per sterilizzare progressivamente il suolo, rendendolo meno fertile. Scegliere sistemi di coltivazione biologica, in questo senso, garantirebbe diversi vantaggi. Innanzitutto perché una coltivazione biologica consente il mantenimento dei microrganismi e dei batteri funghi presenti nel suolo, la cui presenza è funzionale ad una maggiore produttività delle piante coltivate e ad una rigenerazione del suolo. Un terreno vivo si rinnova infatti da solo, invece che perdere progressivamente fertilità.
Un suolo non trattato mantiene inoltre una migliore capacità di assorbire l’acqua. Questo aspetto non solo garantisce un notevole risparmio economico in termini di irrigazione, ma ha ripercussioni fondamentali per ciò che concerne la prevenzione del dissesto idrogeologico. L’Italia è un Paese soggetto ad un notevole rischio idrogeologico. Ogni anno la stagione delle piogge, porta con sé notizie di frane, smottamenti, crolli di strade e vittime di alluvioni. Per questo dobbiamo essere tutti consapevoli di come un terreno non trattato abbia una capacità d’assorbimento superiore rispetto ad un suolo sfruttato. Questa mattina è stato mostrato in maniera lampante, attravero una semplice dimostrazione. Su di un campione di suolo trattato attraverso un’agricoltura biologica, è stato rovesciato un bicchier d’acqua. Il contenuto è stato assorbito dal terreno. Lo stesso bicchiere, riempito nuovamente, è stato rovesciato su di un terreno trattato da una coltivazione industriale. L’acqua non è riuscita a filtrare, a causa della sterilizzazione e della compattazione a cui il terreno era stato sottoposto. Una lavorazione così intensa, da far perdere al suolo le sue prerogative naturali.
Ciò che dobbiamo capire è che la scelta spetta a noi. Sta noi scegliere se vogliamo cambiare il modo di produrre e di trattare il nostro ambiente, o se vogliamo soccombere perpetrando atteggiamenti non rispettosi nei confronti della natura. Anche questo è cambiamenti climatici anche questo è cop21.