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Stoccaggi Gas: State tranquilli, ma non troppo. Il governo risponde all’interrogazione Cinque Stelle

Stoccaggi Gas: State tranquilli, ma non troppo. Il governo risponde all’interrogazione Cinque Stelle

In Italia diminuisce il consumo di gas, ma aumentano i serbatoi di stoccaggio. L’Italia è notoriamente zona ad alto rischio sismico, ma il governo rassicura non ci siano pericoli per i depositi stoccati sotto la dorsale appenninica o nelle vicinanze dei centri abitati. Le imprese che stoccano gas, sono responsabili dei danni, ma non vi è un meccanismo chiaro che spieghi come e con quali coperture, un’impresa privata sia in grado di assolvere gli oneri successivi ad un evento devastante come un terremoto.

Questi i punti che emergono dalla risposta data da Simona Vicari, rappresentante del ministero per lo Sviluppo Economico, all’interrogazione parlamentare da me presentata. Ho chiesto al governo se, nei vari documenti attinenti la sicurezza degli impianti, fosse stata tenuta in debita considerazione, il rischio di terremoti. E se alla luce di questo rischio, e di una domanda in calo, non ritenesse opportuno rivedere le autorizzazioni già concesse per gli stoccaggi, nonché tutta la strategia energetica nazionale.

stoccaggio gasL’attuale strategia energetica nazionale vuole per l’Italia il ruolo di «hub del gas» per l’Europa. Un piano che prevede per SNAM una crescita delle esportazioni di gas dai 24 miliardi di Smc di metano del 2014 ai 46 miliardi entro il 2018. Una scelta in contrasto con i dati forniti dall’Autorità per l’energia elettrica, il gas e il sistema idrico, che ha certificato come nel 2014 il consumo interno lordo di gas è diminuito di altri 8 miliardi di metri cubi, scendendo a 61,9 miliardi dai 70,1 del 2013 (-11,6 per cento). Perché quindi mettere a rischio i nostri territori, se un reale fabbisogno non esiste?

Il tema inerente al rischio di sismicità indotta, come conseguenza alla presenza di fluidi in pressione, è finalmente stato riconosciuto nel 2013 grazie al lavoro della Commissione ICHESE, dopo i tragici fatti legati al terremoto in Emilia del 2012. L’Italia è un Paese sismico per natura. Per quale motivo andare a rischiare di innescare meccanismi di sismicità indotta in zone già di per sé a rischio sismico come: Minerbio, Alfonsine, S. Potito e Cotignola in Emilia Romagna, Sergnano Ripalta Cremasca, Cornegliano Laudense, Bordolano, Bagnolo Mella, Romanengo Settala, Brugherio in Lombardia, Fiume Treste in Abruzzo, Molise, Grottole/Ferrandina in Basilicata, S. Martino sulla Marrucina in Abruzzo, S. Benedetto del Tronto e Palazzo Moroni nelle Marche, ovvero le zone dove il piano energetico nazionale avrebbe previsto di stoccare il gas.

Le rassicurazioni del governo, su come tutti gli stabilimenti abbiano adempiuto agli obblighi previsti dalle normative, non sono garanzia sufficiente, di fronte ad un rischio così alto. Effettivamente qualche passo avanti in materia di sicurezza è stato fatto, ma non basta a definire sicuro un meccanismo che sicuro non potrà essere mai. A tal proposito, al fine di verificare siano state seguite tutte le linee guida in materia di sicurezza, abbiamo deciso di procedere attraverso una richiesta d’accesso agli atti.

Di rilevante importanza anche la questione relativa al chi rompe paga. L’esecutivo ha garantito che le imprese sono responsabili, senza però specificare in quale modo. Nella sciagurata ipotesi che un pozzo di stoccaggio scateni un terremoto, ipotizzando anche solo danni alle cose, il governo afferma che le imprese avranno il compito di pagare. Già ma in che modo? Attraverso quali coperture?

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