Distruggerci con le nostre stesse mani? Lo stiamo facendo nel modo giusto.
“Quando l’ultimo albero sarà abbattuto, l’ultimo pesce mangiato e l’ultimo flusso d’acqua contaminato, vi renderete conto che non potete mangiare il denaro” recitava un vecchio proverbio degli indiani d’America. È quello che mi piacerebbe dire al Presidente del Brasile Michel Temer. Lo scorso 23 agosto il Presidente ha consegnato alle trivelle una porzione di foreste amazzonica di estensione pari alla Danimarca. Cancellando il Nationel reserve of Copper and associates (Renca) ha di fatto aperto alla ricerca di minerali e metalli preziosi, un’area di 46mila chilometri quadrati.
Se è vero che le foreste possono sopravvivere senza gli uomini, gli uomini non possano sopravvivere senza foreste. Pertanto questo può considerarsi a pieno titolo un attentato contro l’umanità. «È più grande attacco all’Amazzonia degli ultimi 50 anni – ha denunciato il senatore dell’opposizione Randolfe Rodrigues – neppure la dittatura militare o la costruzione dell’autostrada trans-Amazzonica riuscirono a produrre una tale devastazione». La devastazione di questa vastissima porzione di foresta, porterà inoltre la distruzione dell’ambiente all’interno del quale vivono da sempre, in empatia con la foresta e con la natura, le comunità indigene.
Cosa ha spinto il governo brasiliano ad una decisione tanto assurda? Soldi e interessi. Da una parte le pressione delle lobby delle compagnie minerari. Dall’altra la situazione economica del paese, da anni in recessione, e l’effimera illusione che l’apertura ai privati dopo 33 anni di interdizione consentirà al Brasile di cominciare una nuova stagione di ricchezza, contribuendo allo stesso tempo a combattere l’attività di estrazione illegale.
Purtroppo ancora una volta la politica o, più in generale, chi prende le decisioni, si dimostra cieco rispetto ad una visione d’insieme attraverso la quale si dipinge un quadro catastrofico. Il Pianeta soffre. Il mondo si è impegnato a combattere una battaglia contro l’innalzamento su scala globale delle temperature che, in caso di fallimento, rischia di segnare drammaticamente il nostro tempo. Eppure i governi continuano a prendere decisioni suicide, vanificando gli sforzi collettivi e indirizzando il pianeta verso scenari apocalittici.
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