Il discorso che avrei fatto in aula, sulle parti di mia competenza del decreto cultura, sarebbe stato il seguente ma ho dovuto ricondurre tutto ad uno spot molto più breve che potete vedere nel video.
Onorevoli colleghi,
desidero intervenire anche io sull’intenso e complesso lavoro svolto su questo decreto a partire dalle commissioni referenti, per dare conto anche dell’impegno del sottoscritto così come da parte dei miei colleghi della commissione ambiente che hanno analizzato il provvedimento per le parti di più stretta competenza.
In primis desidero sottolineare che se questo provvedimento è migliorato nel senso di contenere e ridurre le ipotesi derogatorie e acceleratorie ove queste ultime si sarebbero rivelate pericolose e o comunque insidiose è senz’altro merito anche del Movimento5 stelle a cui appartengo.
Come noto, con l’art.2 il Governo aveva predisposto una sorta di “deregulation” sulle procedure di gara relative agli interventi a Pompei caratterizzata da numerose deroghe al regime ordinario nelle procedure di affidamento dei lavori: un pericoloso “doppio binario” normativo di cui nel nostro Paese era facile prevedere le conseguenze. A tale riguardo il lavoro in commissione, su cui non mi dilungherò lasciando spazio ai mie colleghi, si è rilevato in ogni caso proficuo ed efficace, in considerazione della resipiscenza con cui l’Esecutivo è tornato sui propri passi.
Mi riferisco al fatto che durante il richiamato lavoro in commissione, l’articolo 2 è stato sensibilmente modificato in almeno 4 punti.
L’abbassamento della soglia per il ricorso alla procedura negoziata, passata da un inopinato importo di 3,5 milioni di euro a 1,5 (non devo spiegare la delicatezza di una gara d’appalto con o senza bando, -anzi al riguardo avevamo chiesto rispetto alla previsione iniziale che fosse garantita una procedura negoziata con pubblicazione di bando di gara per i contratti di importo superiore al milione ed inferiore ai 3,5 milioni di euro al fine di maggiore garanzia e trasparenza-).
Cito, altresì, la pubblicazione sul sito della soprintendenza dell’elenco e dettaglio delle offerte e l’esito della gara, (istanza quest’ultima che persegue anch’essa i richiamati principi di trasparenza e pubblicità).
Ricordo l’eliminazione della facoltà per il responsabile unico del procedimento (RUP) di svolgere contestualmente il ruolo di progettista e/o direttore lavori.
Mi riferisco, infine, alla soppressione delle disposizioni che prevedevano insidiosi poteri in capo al RUP di asseverazione dei progetti ora più correttamente riassunti dal direttore generale di progetto.
Non dimentico,inoltre, anche ulteriori modifiche che riteniamo di segno positivo quali l’innalzamento della misura della garanzia a corredo dell’offerta nei bandi pubblici dal 2 per cento al 5 per cento o la soppressione delle deroghe previste in ordine alle varianti in corso d’opera oltre l’importo contrattuale.
Tanto opportunamente sottolineato, onorevoli colleghi, dobbiamo riferire anche quello che ancora non c’è in questo decreto e che noi del Movimento5 stelle avevamo ritenuto opportuno ci fosse. Avevamo chiesto la ricorrenza di un grave inadempimento per procedere alla revoca del responsabile unico del procedimento da parte del direttore generale di progetto. Saremmo rimasti aperti ad un “confronto” per introdurre una qualche espressa motivazione. Riteniamo, infatti, noi del Movimento 5 stelle che l’assunzione di responsabilità così come il controllo di ciascun atto muova i passi dalle ragioni per cui esso si compie.
Sull’art.12, al netto della valutazione delle istituende “commissioni di garanzia per la tutela del patrimonio culturale” su cui hanno detto o diranno più estesamente i miei colleghi, va detto che, grazie anche al lavoro della mia collega Claudia Mannino, si è giunto allo stralcio della lettera b) del comma 1, che intervenendo sul procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, stabiliva che decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi avesse reso il prescritto parere, l‘amministrazione competente provvedesse comunque sulla domanda di autorizzazione. No colleghi, questo il nostro patrimonio culturale e paesaggistico non se lo merita né se lo può permettere!
Sempre sull’art.12, rimangono dubbi e perplessità invece sulla lett. a) in materia di semplificazione dei procedimenti in materia di autorizzazione paesaggistica. Qui si dispone, infatti, che il termine di efficacia dell’autorizzazione decorra dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, “a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato”. Noi su questo specifico punto avevamo messo in guardia come tale disposizione apparisse più che l’altro lo strumento per evitare al costruttore di richiedere una nuova autorizzazione paesaggistica anche nella ipotesi non infrequente che sia intercorso molto tempo dal suo rilascio. Noi del Movimento del 5 stelle, siamo più volte intervenuti, anche attraverso la riscrittura della parte seconda del testo unico ambientale, riaffermando come il bene ambiente, meritevole di tutela in sé, rappresenti una entità vitale ed in evoluzione, non potendo dunque essere fotografata e resa immutabile nemmeno da una autorizzazione paesaggistica come quella di cui si discute. Al riguardo avevamo proposto che la “sincronizzazione” non venisse fatta rispetto al giorno nel quale il titolo fosse divenuto efficace, bensì rispetto al giorno nel quale fosse rilasciato ovvero fosse possibile iniziare i lavori.
Desidero, infine, terminare con una sollecitazione che avevamo trasferito in un emendamento in cui chiedevamo che nel piano straordinario della mobilità turistica di cui all’art.11 fosse ricompresa la realizzazione di una rete di itinerari destinati alla mobilità ciclistica su cui il mio collega Busto ha depositato una apposita proposta di legge. Vedete colleghi, il concetto di “mobilità dolce” non è evocativo di una realtà nostalgica o di chissà quale disimpegno. E’ una azione concreta e alternativa per considerare finalmente il nostro patrimonio culturale come un asset produttivo di benessere economico e sociale. L’obiettivo -su cui credo siamo tutti d’accordo- è che l’intero decreto oggi in esame si prenda carico di favorire la tutela, la valorizzazione e il recupero degli itinerari di rilevante valore storico e culturale del nostro Paese, senza lasciare che l’incuria, o peggio la cattiva, quando non anche criminale, gestione amministrativa del nostro patrimonio disperda prima ancora della nostra credibilità all’Estero, la nostra stessa dignità di italiani.
Onorevoli colleghi,
desidero intervenire anche io sull’intenso e complesso lavoro svolto su questo decreto a partire dalle commissioni referenti, per dare conto anche dell’impegno del sottoscritto così come da parte dei miei colleghi della commissione ambiente che hanno analizzato il provvedimento per le parti di più stretta competenza.
In primis desidero sottolineare che se questo provvedimento è migliorato nel senso di contenere e ridurre le ipotesi derogatorie e acceleratorie ove queste ultime si sarebbero rivelate pericolose e o comunque insidiose è senz’altro merito anche del Movimento5 stelle a cui appartengo.
Come noto, con l’art.2 il Governo aveva predisposto una sorta di “deregulation” sulle procedure di gara relative agli interventi a Pompei caratterizzata da numerose deroghe al regime ordinario nelle procedure di affidamento dei lavori: un pericoloso “doppio binario” normativo di cui nel nostro Paese era facile prevedere le conseguenze. A tale riguardo il lavoro in commissione, su cui non mi dilungherò lasciando spazio ai mie colleghi, si è rilevato in ogni caso proficuo ed efficace, in considerazione della resipiscenza con cui l’Esecutivo è tornato sui propri passi.
Mi riferisco al fatto che durante il richiamato lavoro in commissione, l’articolo 2 è stato sensibilmente modificato in almeno 4 punti.
L’abbassamento della soglia per il ricorso alla procedura negoziata, passata da un inopinato importo di 3,5 milioni di euro a 1,5 (non devo spiegare la delicatezza di una gara d’appalto con o senza bando, -anzi al riguardo avevamo chiesto rispetto alla previsione iniziale che fosse garantita una procedura negoziata con pubblicazione di bando di gara per i contratti di importo superiore al milione ed inferiore ai 3,5 milioni di euro al fine di maggiore garanzia e trasparenza-).
Cito, altresì, la pubblicazione sul sito della soprintendenza dell’elenco e dettaglio delle offerte e l’esito della gara, (istanza quest’ultima che persegue anch’essa i richiamati principi di trasparenza e pubblicità).
Ricordo l’eliminazione della facoltà per il responsabile unico del procedimento (RUP) di svolgere contestualmente il ruolo di progettista e/o direttore lavori.
Mi riferisco, infine, alla soppressione delle disposizioni che prevedevano insidiosi poteri in capo al RUP di asseverazione dei progetti ora più correttamente riassunti dal direttore generale di progetto.
Non dimentico,inoltre, anche ulteriori modifiche che riteniamo di segno positivo quali l’innalzamento della misura della garanzia a corredo dell’offerta nei bandi pubblici dal 2 per cento al 5 per cento o la soppressione delle deroghe previste in ordine alle varianti in corso d’opera oltre l’importo contrattuale.
Tanto opportunamente sottolineato, onorevoli colleghi, dobbiamo riferire anche quello che ancora non c’è in questo decreto e che noi del Movimento5 stelle avevamo ritenuto opportuno ci fosse. Avevamo chiesto la ricorrenza di un grave inadempimento per procedere alla revoca del responsabile unico del procedimento da parte del direttore generale di progetto. Saremmo rimasti aperti ad un “confronto” per introdurre una qualche espressa motivazione. Riteniamo, infatti, noi del Movimento 5 stelle che l’assunzione di responsabilità così come il controllo di ciascun atto muova i passi dalle ragioni per cui esso si compie.
Sull’art.12, al netto della valutazione delle istituende “commissioni di garanzia per la tutela del patrimonio culturale” su cui hanno detto o diranno più estesamente i miei colleghi, va detto che, grazie anche al lavoro della mia collega Claudia Mannino, si è giunto allo stralcio della lettera b) del comma 1, che intervenendo sul procedimento per il rilascio dell’autorizzazione paesaggistica, stabiliva che decorsi inutilmente 60 giorni dalla ricezione degli atti da parte del soprintendente senza che questi avesse reso il prescritto parere, l‘amministrazione competente provvedesse comunque sulla domanda di autorizzazione. No colleghi, questo il nostro patrimonio culturale e paesaggistico non se lo merita né se lo può permettere!
Sempre sull’art.12, rimangono dubbi e perplessità invece sulla lett. a) in materia di semplificazione dei procedimenti in materia di autorizzazione paesaggistica. Qui si dispone, infatti, che il termine di efficacia dell’autorizzazione decorra dal giorno in cui acquista efficacia il titolo edilizio eventualmente necessario per la realizzazione dell’intervento, “a meno che il ritardo in ordine al rilascio e alla conseguente efficacia di quest’ultimo non sia dipeso da circostanze imputabili all’interessato”. Noi su questo specifico punto avevamo messo in guardia come tale disposizione apparisse più che l’altro lo strumento per evitare al costruttore di richiedere una nuova autorizzazione paesaggistica anche nella ipotesi non infrequente che sia intercorso molto tempo dal suo rilascio. Noi del Movimento del 5 stelle, siamo più volte intervenuti, anche attraverso la riscrittura della parte seconda del testo unico ambientale, riaffermando come il bene ambiente, meritevole di tutela in sé, rappresenti una entità vitale ed in evoluzione, non potendo dunque essere fotografata e resa immutabile nemmeno da una autorizzazione paesaggistica come quella di cui si discute. Al riguardo avevamo proposto che la “sincronizzazione” non venisse fatta rispetto al giorno nel quale il titolo fosse divenuto efficace, bensì rispetto al giorno nel quale fosse rilasciato ovvero fosse possibile iniziare i lavori.
Desidero, infine, terminare con una sollecitazione che avevamo trasferito in un emendamento in cui chiedevamo che nel piano straordinario della mobilità turistica di cui all’art.11 fosse ricompresa la realizzazione di una rete di itinerari destinati alla mobilità ciclistica su cui il mio collega Busto ha depositato una apposita proposta di legge. Vedete colleghi, il concetto di “mobilità dolce” non è evocativo di una realtà nostalgica o di chissà quale disimpegno. E’ una azione concreta e alternativa per considerare finalmente il nostro patrimonio culturale come un asset produttivo di benessere economico e sociale. L’obiettivo -su cui credo siamo tutti d’accordo- è che l’intero decreto oggi in esame si prenda carico di favorire la tutela, la valorizzazione e il recupero degli itinerari di rilevante valore storico e culturale del nostro Paese, senza lasciare che l’incuria, o peggio la cattiva, quando non anche criminale, gestione amministrativa del nostro patrimonio disperda prima ancora della nostra credibilità all’Estero, la nostra stessa dignità di italiani.