Goletta dei Laghi è la campagna di Legambiente nata nel 2006 sull’onda della più conosciuta Goletta Verde dei mari. Da ormai 10 edizioni, Goletta dei Laghi denuncia le principali criticità che minacciano i bacini lacustri italiani e le continue aggressioni ai loro delicati ecosistemi: scarichi non depurati, cementificazione delle coste, incuria e danni al territorio lacustre, perdita di biodiversità. Al tempo stesso informa e sensibilizza cittadini e amministratori sullo stato di salute dei laghi, sulle migliori pratiche di gestione, sulla tutela e salvaguardia delle acque e della naturalità delle coste.
IL MONITORAGGIO DELLE ACQUE Goletta dei Laghi monitora lo stato di qualità dei laghi attraverso le analisi delle acque. Obiettivo della campagna è scovare i punti interessati da fenomeni di inquinamento batteriologico di origine fecale per la presenza di scarichi abusivi o per un insufficiente sistema di depurazione delle acque. Le analisi vengono effettuate tenendo conto delle prescrizioni riportate dal Decreto Legislativo 116/2008 sulla balneabilità delle acque. Sulla base di segnalazioni raccolte durante tutto l’anno sia dai cittadini che dai circoli locali di Legambiente, i tecnici individuano i punti di prelievo ampliando così il quadro delle analisi e potenziando la messa a fuoco delle criticità.
IL PROGRAMMA SCIENTIFICO Per effettuare il monitoraggio delle acque, Goletta dei Laghi si riferisce al D.Lgs 116/2008. Il 24 marzo 2006 è entrata in vigore la Direttiva 2006/7/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione, che abrogava la Direttiva 76/160/CEE. Tale Direttiva è stata recepita in Italia con Decreto Legislativo del 30 maggio 2008 n° 116. L’applicazione del D.Lgs. n. 116/2008 è stata subordinata alla emanazione di apposito Decreto attuativo firmato il 30 marzo 2010 dal Ministero della Salute e dal Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare ed entrato in vigore a fine maggio 2010.
CAMPIONAMENTO Il campionamento delle acque viene effettuato da una squadra di tecnici di Legambiente composta da biologi e chimici che nel laboratorio mobile analizza i campioni di acqua precedentemente prelevati. Come da normativa il punto di monitoraggio è fissato dove si prevede il maggior afflusso di bagnanti o il rischio più elevato di inquinamento. I tecnici effettuano due tipi di analisi: microbiologiche, nel laboratorio mobile, e chimico-fisiche, direttamente in sito, con l’ausilio di strumentazione da campo. I campioni per le analisi microbiologiche sono prelevati in barattoli sterili (da circa 250 ml), conservati in frigorifero e protetti contro l’esposizione alla luce durante tutte le fasi del trasporto fino al momento dell’arrivo in laboratorio e dell’analisi, che avviene lo stesso giorno del campionamento o comunque entro le 24 ore dal prelievo. Per evitare la contaminazione accidentale del campione, l’operatore impiega una tecnica asettica per garantire la sterilità dei contenitori.
RISULTATI DEL MONITORAGGIO Il giudizio di Goletta dei Laghi viene dato in base ai risultati ottenuti dalle analisi microbiologiche (valori limite per la balneazione indicati dal Decreto del Ministero della Salute del 30 marzo 2010, nell’allegato A, che attua il D. Lgs. 116/2008). I parametri chimico-fisici vengono considerati indicativi per individuare situazioni di contaminazione o alterazione dello stato di qualità delle acque di lago ma non sono presi in considerazione per esprimere il giudizio finale.
TABELLE RIEPILOGATIVE RISULTATI ANALISI 2011-2015
CONDIZIONI DELLA QUALITÀ DELLE ACQUE IN EUROPA Come citato dall’Agenzia Europea per l’Ambiente: “L’obiettivo principale della politica europea e nazionale in materia di acque è assicurare che in tutta Europa una quantità sufficiente di acqua di buona qualità sia a disposizione delle persone e dell’ambiente. Nel 2000 la direttiva quadro sulle acque ha definito un quadro per la gestione, la protezione e il miglioramento della qualità delle risorse idriche in tutta l’UE. Il suo obiettivo principale è che tutta l’acqua di superficie e freatica sia in buono stato entro il 2015 (a meno che non ci siano ragioni per un’esenzione). Raggiungere un buono stato significa soddisfare certi standard per quanto riguarda l’ecologia, la chimica, la morfologia e la quantità delle acque.” Ma l’Europa è lontana dal raggiungere i suoi obiettivi politici riguardo risorse idriche ed ecosistemi acquatici sani. E’ quanto emerge dal dossier “L’AMBIENTE IN EUROPA: STATO E PROSPETTIVE NEL 2015” redatto dall’Agenzia Europea per l’Ambiente. Nel 2009 il 43% dei corpi d’acqua di superficie era in uno stato ecologico buono o elevato, e l’obiettivo della direttiva quadro sulle acque di raggiungere uno stato ecologico buono entro il 2015 sarà raggiunto probabilmente solo dal 53% dei corpi d’acqua (Fig.1). Questo costituisce un miglioramento scarso, lontano dagli obiettivi delle politiche europee.
E LA LOMBARDIA? La Lombardia, con un’estensione territoriale di 23.861 km2, è una regione tradizionalmente ricca di acque sia superficiali che sotterranee. E’ attraversata da molti fiumi, migliaia di km di canali artificiali ed è affacciata sui grandi laghi alpini italiani (Maggiore, Lugano, Como, Iseo, Idro e Garda) che custodiscono un volume di acqua di circa 120 miliardi di m3 (AdbPo, 2003) ai quali si devono poi aggiungere i volumi invasati nelle dighe lombarde pari a circa 664 milioni di m3 , il 95% dei quali nelle aree montane (Regione Lombardia, 2006). Insomma beneficiamo d’acqua superficiale e sotterranea capace di garantire sia l’approvvigionamento idrico che il suo utilizzo nei settori civili ed economici. La Lombardia è difatti la regione più ricca di laghi, sia in termini di superficie (40%) che in termini di volume (65%) .
LA QUALITÀ DEI LAGHI IN LOMBARDIA Il territorio però è anche caratterizzato da una forte antropizzazione: densità abitativa, industrializzazione e agricoltura intensiva sono cresciute negli ultimi 70 anni, rendendo sempre più complessa la gestione della risorsa acqua che, purtroppo, è andata via via deteriorandosi soprattutto nei corpi idrici superficiali, ma che oggi coinvolge parzialmente anche la falda sotterranea. Oltre ai fenomeni di inquinamento i laghi e i fiumi subiscono o hanno subito importanti manomissioni da parte dell’uomo, tali da sconvolgerne anche l’assetto idrico e determinando scarse portate. Nel 2010 L’Autorità di Bacino per il Fiume Po aveva già stimato i corpi idrici lacustri che avrebbero raggiunto lo stato di qualità ecologico buono. Promuovendo di fatto il 55% dei laghi lombardi. Ad oggi, i dati forniti da Regione Lombardia, secondo i nuovi standard europei recepiti nel Dlgs 152/2006 (cfr. fig. 1), evidenziano una situazione abbastanza compromessa. Sul complesso regionale i corpi lacustri che raggiungono uno stato di qualità buona o eccellente sono poco più del 50%.
LE CRITICITÀ DA RISOLVERE Tra le cause elencate le maggiori criticità riguardano senz’altro i servizi di fognatura e depurazione le cui prestazioni rimangono ben lontani dagli obiettivi previsti dalla normativa ambientale europea. Il trattamento dei reflui urbani in particolare, cioè delle acque di scarico degli insediamenti civili ed industriali, è uno degli interventi più importanti da realizzare per abbattere i forti carichi di sostanze che raggiungono i corpi idrici senza essere state adeguatamente trattate. Le cause sono così riassumibili:
Immissione di scarichi fognari civili ed industriali non depurati; Malfunzionamento o bassa tecnologia dei depuratori;
Attivazione degli scolmatori della rete fognaria durante le piene (con ingresso di carichi inquinanti non depurati);
Impermeabilizzazione del suolo e artificializzazione delle sponde che limita fenomeni autodepurativi.
LE PROCEDURE D’INFRAZIONE A conferma del grave deficit del sistema depurativo in Italia ci sono le procedure d’infrazione e le sentenze di condanna dell’Unione europea. Nell’ultimo anno infatti si è aperta la terza procedura d’infrazione, numero 2014/2059, per il mancato rispetto della direttiva europea 1991/271/CEE concernente il trattamento delle acque reflue urbane. La procedura scaturisce da un’indagine EU Pilot che era stata avviata nel 2011 per verificare la conformità nel sistema di fognatura e trattamento degli scarichi degli agglomerati sulla base dei dati forniti dal nostro Paese. L’ultima sentenza di condanna (C 85-13) è stata emessa solo lo scorso 10 aprile e riguarda decine di agglomerati, dalla Sicilia alla Lombardia, con più di 10mila abitanti equivalenti che scaricano in aree sensibili. Al netto del pesante danno ambientale e sanitario, se non si fanno per tempo gli interventi richiesti dovremo pagare sanzioni per ogni giorno di ritardo, in funzione del Pil, e soprattutto scatta il blocco per i fondi strutturali, rendendo molto complicate le possibilità di intervento. Gravi le conclusioni riportate dalla stessa Commissione europea nella comunicazione del 31 marzo 2014 che avvia la procedura: “la Commissione ritiene che l’Italia sia venuta meno agli obblighi incombenti (…) della Direttiva 91/271/CEE in un numero consistente di agglomerati, alcuni dei quali molto grandi e alcuni dei quali scaricano in aree sensibili (…). Inoltre l’Italia è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti della Direttiva in cinquantacinque aree sensibili. Ciò costituisce una violazione sistematica delle disposizioni della Direttiva.” Vale la pena riportare anche un ultimo passaggio in cui sostiene che “la situazione descritta nella presente lettera di costituzione in mora rappresenta una situazione estremamente preoccupante di non conformità generalizzata e persistente con la Direttiva di molti agglomerati italiani.” Conclusioni a cui la Commissione era già giunta con le sentenze di condanna relative ai casi di infrazione 2004/2034 (sentenza del luglio 2012 su oltre 100 agglomerati con più di 15mila AE) e 2009/2034. L’ultima sentenza di condanna è stata emessa solo lo scorso 10 aprile e riguarda decine di agglomerati, dalla Sicilia alla Lombardia, con più di 10mila abitanti equivalenti che scaricano in aree sensibili. Al netto del pesante danno ambientale e sanitario, se non si fanno per tempo gli interventi richiesti dovremo pagare sanzioni per ogni giorno di ritardo, in funzione del Pil, e soprattutto scatta il blocco per i fondi strutturali, rendendo molto complicate le possibilità di intervento. (da MareMonstrum 2014).