L’emendamento che ho presentato (ed è stato approvato) al decreto milleproroghe è finalizzato ad eliminare la norma, introdotta al Senato, con cui si era cercato di assestare un nuovo colpo alle politiche virtuose in materia di energie rinnovabili, efficienza energetica e autoconsumo. Con l’articolo 4-bis (che l’emendamento sopprime) si disponeva lo slittamento di un anno degli obblighi di utilizzo di fonti rinnovabili per la copertura di una determinata percentuale dei fabbisogni di calore, elettricità e raffrescamento nel caso di edifici nuova costruzione e di quelli esistenti sottoposti a ristrutturazione rilevante.
Dal 31 maggio 2012 gli edifici interessati dalla norma devono coprire con le rinnovabili il 20% del fabbisogno energetico e, a partire dal 1 gennaio 2014, la quota di energia rinnovabile obbligatoria sarebbe dovuta salire al 35%, mentre la norma introdotta al Senato: spostava il passaggio dell’obbligo dal 20 al 35% dal primo gennaio 2014 al primo gennaio 2015.
E’ evidente che questo atteggiamento denota la mancanza di una reale sensibilità politica sui temi ambientali e dell’efficienza energetica. C’è bisogno di un cambio di rotta che non dobbiamo nemmeno “inventarci”. Sarebbe sufficiente seguire le indicazioni che vengono dall’Europa. Del resto è singolare che la parola d’ordine: “Ce lo chiede l’Europa” valga solo quando si tratta di adottare misure che penalizzano i cittadini. Non bisogna dimenticare che il nostro Paese, con il D.Lgs. n. 28 del 2011, ha recepito la Direttiva 20-20-20 (2009/28/CE) che aveva introdotto l’obbligo di rinnovabili negli edifici. In particolare, una quota del 50% dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria e di percentuali a partire dal 30 settembre 2011. Poi si prevedevano obblighi crescenti nel tempo (20, 35 e 50%, con diverse entrate in vigore degli obblighi) della somma dei consumi previsti per l’acqua calda sanitaria, il riscaldamento e il raffrescamento.
Per gli edifici pubblici, questi obblighi sono aumentati del 10%. Il decreto legislativo 28/2011 specifica quindi i termini per questi obblighi minimi da ottemperare, obblighi che possono essere soddisfatti anche grazie ad una combinazione di fonti energetiche e soluzioni tecnologiche che, sommate, siano in grado di raggiungere le percentuali richieste.
Ritardare di un ulteriore anno, come chiede l’emendamento, l’entrata in vigore di tale obbligo andrebbe a far deperire ulteriormente la filiera delle fonti rinnovabili che, assieme a quella dell’efficienza, è una delle pochissime che oggi in Italia sono in costante sviluppo, e mi riferisco ai posti di lavoro. Con questo emendamento andiamo ad incidere direttamente sulla creazione di nuovi posti di lavoro, come indicato dai principali studi di settore, primo tra tutti il rapporto «Green Italy» di Unioncamere.
Ritardare di un anno significa quindi ritardare ed eliminare nuovi posti di lavoro ed indirettamente favorire il settore delle fonti fossili, perché un edificio se non consuma rinnovabili deve utilizzare gas, carbone o petrolio. Questo va contro il programma del M5S che vuole supportare le fonti rinnovabili, il lavoro e l’esperienza di molte PMI italiane, all’avanguardia in questo settore