In pochi ne hanno parlato, ma lo scorso 23 settembre il consiglio regionale della Lombardia ha approvato l’accordo italo-svizzero circa la gestione transfrontaliera dei materiali inerti. Un accordo che, nelle intenzioni di chi lo ha stipulato servirebbe: «ad instaurare e a sviluppare la collaborazione transfrontaliera nell’ambito della gestione e destino dei materiali inerti per l’edilizia dalla Lombardia verso il Ticino e del materiale di scavo non inquinato e dei rifiuti edili di origine minerale dal Ticino verso la Lombardia» ma che in realtà rischia di penalizzare fortemente il territorio lombardo.
L’accordo stabilisce in sintesi, che le imprese del Canton Ticino potranno importare agevolmente sabbia, ghiaia e materiale di costruzione, mentre in Italia finiranno inerti e materiali di scarto. Tali materiali – secondo l’accordo – saranno ri-utilizzati per riempire le cave esistenti dismesse, presenti sul territorio. Se ve lo state chiedendo, sì avete capito bene: l’Italia esporterà materie prime e in cambio importerà scarti di produzione.
Una situazione paradossale e che rischia di penalizzare oltremodo territori e cittadini del Varesotto. Chi avrà il compito di verificare cosa entrerà in Italia, una volta che l’accordo allargherà le maglie dei controlli alla frontiera? Chi garantirà che fra gli inerti non saranno presente anche rifiuti contaminati da amianto?
L’accordo circa la gestione transfrontaliera dei materiali inerti, oltre a violare palesemente il principio di reciproca utilità, evidenzia anche una palese contraddizione con il decreto 10 agosto 2012. Tale decreto disciplina a quali condizioni terre e rocce da scavo siano da considerarsi sottoprodotti e non rifiuti. In questo caso specifico infatti, il materiale proveniente da demolizioni, che dalla Svizzera farebbe ingresso sul territorio italiano, sarebbe contrassegnato dalla qualifica di rifiuto, conseguentemente ad esso sarebbe attribuito un codice CER. Tale codice imporrebbe il conferimento di tale tipologia di rifiuto, esclusivamente ad un recuperatore o ad un impianto di smaltimento. Sicuramente non dovrebbe trattarsi di materiale da riutilizzare per «ri-ambientalizzare» dei siti di cava, come previsto dall’accordo. Inoltre, in un caso di tale delicatezza per l’ambiente e la salute, la competenza dovrebbe essere materia statale e non regionale.
In funzione di ciò abbiamo chiesto al Governo sia al corrente dell’accordo siglato fra regione Lombardia e Svizzera e se intenda al riguardo sollevare una questione di legittimità costituzionale. Soprattutto però chiediamo vengano adottate iniziative volte a tutelare i cittadini, scongiurando l’ingresso di materiale vietato quale il cemento amianto proveniente da altri Paesi. Attendiamo risposta.