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Non esistono modelli economici e benessere collettivo, laddove non vi è tutela dell’ambiente e della salute

Non esistono modelli economici e benessere collettivo, laddove non vi è tutela dell’ambiente e della salute

Consumare suolo non rappresenta solamente un danno per l’ambiente e per la salute di tutti noi. Consumare suolo rappresenta un danno per la nostra economia.

È svantaggioso per l’intero nostro sistema economico.

Fra le durissime lezioni che la pandemia Covid-19 ha costretto la popolazione mondiale ad apprendere, quella di cui siamo chiamati a non dimenticare gli insegnamenti è sicuramente questa: non possano esistere modelli economici e benessere collettivo, laddove non vi è tutela dell’ambiente e della salute.

Come possiamo produrre, lavorare, se siamo costretti in quarantena o peggio malati?

L’intero modello economico sul quale avevamo impostato la nostra esistenza pre-virus ha ritorto contro noi i suoi risvolti peggiori, in un sistema di corrispondenze tanto evidente quanto tragiche.

Per anni abbiamo deliberatamente ignorato i dati che mostravano come l’inquinamento atmosferico fosse la causa di patologie respiratorie, anche mortali, per decine di migliaia di persone? Arriva un virus che colpisce proprio il sistema respiratorio, in maniera anche mortale, e che sfrutta il particolato atmosferico come vettore per diffondersi maggiormente e colpire più duramente proprio nelle zone più inquinate del mondo, dove le persone sono naturalmente più esposte al rischio di patologie polmonari a causa proprio dell’inquinamento atmosferico. Sappiamo che le emissioni di combustibili fossili, stanno distruggendo il clima con conseguenze ormai note? Arriva un virus che costringe la produzione a fermarsi. Sappiamo che la deforestazione e il consumo di suolo, devastando gli habitat naturali di specie animali selvatiche, espongono l’uomo proprio al rischio di contrarre virus che altrimenti sarebbero rimasti confinati nelle giungle o nelle foresti all’interno di quelle popolazioni di animali selvatici? Proprio da quelle specie selvatiche arriva un virus che, una volta compiuto il salto di specie, si diffonde in maniera incontrollata in una popolazione, quella umana, che non ha difese per contrastarlo.

Ora non spetta alla politica ragionare su meccanismi causa effetto, sulla cui evidenza empirica decreterà la scienza. A noi spetta il compito di osservare e analizzare quanto sta succedendo, perché presto il Mondo e il nostro Paese dovranno ripartire, ma spetterà a noi decidere in quale direzione andare.

Se vogliamo ricostruire il nostro tessuto economico, per porlo il più possibile al sicuro dai rischi futuri non possiamo non considerare come la perdita di servizi ecosistemici, la perdita della nostra salute, le chiusure forzate siano un esternalità negativa per ogni sistema economico.

In sintesi è scientificamente provato che lo sviluppo insostenibile sia correlato allo sviluppo delle pandemie da un nesso causa-effetto. Le nostre responsabilità sono evidenti al punto che non è possibile considerare la pandemia come una fatalità. Lo sviluppo insostenibile causa la pandemia, la pandemia blocca lo sviluppo insostenibile. In mezzo ci siamo noi. Condannati o ad ammalarci o a vivere sulla nostra pelle i rischi di una recessione mondiale. La pandemia Covid-19 ha prodotto il lockdown dell’81% della forza lavoro mondiale, e che le conseguenze negative stanno impattando su 3.3 miliardi di lavoratori (ILO 2020). La prima stima delle perdite di guadagno da lavoro è di 3.4 trilioni di dollari (UN-ILO 2020). È per questo motivo che non possiamo permetterci di andare avanti in questa maniera.

Citando un articolo di Luigi Di Marco, Architetto PPC, Consigliere Nazionale AIAS e Co-coordinatore ASviS: “L’attuale pandemia è forse il più grande market failure della storia del libero mercato. Se dovessimo calcolare per ogni ettaro di suolo consumato il relativo costo in “perdita di servizi ecosistemici”, considerando il COVID-19, che cifra dobbiamo indicare? Come valutare anche la nostra perdita di diritti civili più elementari quali la libertà di uscire di casa? Anche la nostra detenzione forzosa è un dis-valore, che ha un prezzo. Per il rilancio dell’economia, i Governi avranno ora una capacità nell’esercitare un ruolo d’indirizzo più attivo e forte che mai. Gli stimoli finanziari per una ricostruzione non devono ripetere gli errori del passato, ma supportare la transizione ecologica, il ripristino degli ecosistemi e l’ uso sostenibile del suolo, la decarbonizzazione industriale e il recupero edilizio, modelli sostenibili di produzione e consumo che restituiscano alla natura più di quanto prelevano, perseguendo l’obiettivo della piena occupazione. Messa in sicurezza del territorio contro il dissesto-idrogeologico considerando le dinamiche indotte dai cambiamenti climatici, servizi pubblici quali sanità e scuola, sostegno alla ricerca e alle attività culturali devono essere considerate investimento e non più una spesa”.

Sono questi i punti fermi da tenere bene a mente quando si tratterà di ripartire. Ancora una volta a tracciare la strada deve essere la nostra Costituzione, la quale all’interno dell’articolo 41 spiega come l’iniziativa economica sia libera, ma non posso svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana.

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