La seguente sintesi vuole darvi un’idea del lavoro svolto finora sul tema trivellazioni alla camera in conseguenza di una serie di audizioni fatte in commissione ambiente. Non sarà sicuramente precisa ed esaustiva ma credo possa essere uno spunto interessate per discuterne nei gruppi locali e regionali. Buona lettura!
Dossier Trivellazioni
In Italia sono presenti più di 1000 pozzi produttivi di idrocarburi, di cui 615 onshore e 395 offshore;
di questi, 777 pozzi producono gas mentre i restanti 233 sono mineralizzati ad olio;
le produzioni annuali di gas (8 GSm3) ed olio (5 Mton) coprono rispettivamente il 10 per cento ed il 7 per cento del fabbisogno energetico nazionale;
Il permesso di ricerca di idrocarburi liquidi/gassosi è rilasciato alla compagnia petrolifera, a seguito di un procedimento unico che inizia con la selezione dei progetti effettuata dal Ministero dello sviluppo economico, sentito il parere dell’organo consultivo CIRM, nell’ambito della quale sono rappresentate le amministrazioni statali competenti (Ministero dello sviluppo economico, Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare, Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, ISPRA, Avvocatura dello Stato) oltre che i rappresentanti regionali; Per i permessi offshore sono coinvolti anche il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti e quello delle politiche agricole, alimentari e forestali;
Quindi:
• permessi in terraferma: rilasciati dai Ministeri d’intesa con le regioni interessate
• progetti offshore: soggetti a vaglio dei Ministeri o della regione interessata ma non è richiesta «l’intesa» con la regione stessa;
L’attuale procedura autorizzativa non prevede pertanto un adeguato coinvolgimento delle comunità locali, a cui, in molti casi, viene richiesto esclusivamente un parere sulla realizzazione degli impianti;
Decreto legge 83/2012
l’articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012, n. 83 convertito con la legge 7 agosto 2012, n. 134 ha sostituito l’articolo 6, comma 17, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come già modificato dal decreto legislativo n. 128 del 2010: l’articolo ha modificato la normativa relativa alle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare ed in particolare il regime autorizzatorio connesso alle medesime attività
Prima
• era vietato cercare ed estrarre gas o petrolio all’interno di aree marine o costiere protette a qualsiasi titolo sulla base di norme nazionali e internazionali.
• Detto divieto era poi esteso per ulteriori 12 miglia all’esterno di tali aree. Eccezione alla proibizione di cui sopra era prevista per il petrolio, per il quale, lungo tutta la fascia marina della penisola italiana, il divieto di ricerca e coltivazione era limitato entro cinque miglia dalla costa.
• Tale divieto comprendeva non solo le attività di ricerca e coltivazione già in atto, ma anche i procedimenti autorizzatori in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128 del 2010, mentre venivano fatti salvi i titoli già rilasciati alla medesima data;
Dopo
• il nuovo articolo fissa un’unica e più rigida fascia per l’estrazione dell’olio e del gas, pari ad un’estensione di dodici miglia dalle linee di costa e dal perimetro esterno delle aree marine e costiere protette, per qualunque nuova attività di prospezione, ricerca e coltivazione. Rimane immutato il divieto con riferimento alle attività suddette all’interno del perimetro delle aree marine e costiere a qualsiasi titolo protette sulla base di norme nazionali, comunitarie e internazionali (in tal modo aggiungendosi per legge anche i sic e le zps marine e costiere di promanazione comunitaria);
• la fascia off-limits delle 12 miglia parte dalle linee di costa (cioè dalla battigia), e non come era stabilito precedentemente dalle linee di base (linee, che includono golfi e insenature)
• un aumento sia pur contenuto delle relative royalties che restano, comunque, ancora esigue.
• effetto controproducente: si stabilisce che il divieto di ricerca ed estrazione entro i limiti territoriali fissati, faccia salvi i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto legislativo n. 128 del 2010. Così disponendo, esso fa salvi in modo retroattivo i procedimenti autorizzatori già in corso prima del 26 agosto 2010;
• ripartono tutti i procedimenti per la prospezione, ricerca ed estrazione di petrolio che erano stati bloccati dall’allora Ministro Prestigiacomo con il decreto-legge n. 1128 del 2010 approvato dopo l’incidente alla piattaforma Deepwater Horizon nel Golfo del Messico
• viene inoltre confermata la disposizione secondo cui le attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare sono autorizzate previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale (VIA).
• Tuttavia, sono fatte salve, rispetto al regime di sottoposizione alla VIA, le attività finalizzate a migliorare le prestazioni degli impianti di coltivazione di idrocarburi, compresa la perforazione, se effettuate a partire da opere esistenti e nell’ambito dei limiti di produzione ed emissione dei programmi di lavoro già approvati.
Decreto Ministeriale 9 agosto 2013 del Ministro dello sviluppo economico, recante la «rimodulazione della zona marina E e la ricognizione e la rimodulazione delle zone marine aperte alla presentazione di nuove istanze»:
• nessuna modifica rispetto alle trivellazioni che, comprese tra le 5 miglia e le 12, erano state vietate e che sono state successivamente riammesse dall’allora Ministro Passera
• Unica restrizione che il nuovo provvedimento aggiunge è soprattutto la chiusura a nuove attività delle aree tirreniche, visto che lì di petrolio praticamente non ce n’è;
• È prevista l’apertura di un’area marina nel mare delle Baleari e la conferma dell’estensione verso e oltre l’Isola di Malta delle aree aperte alle trivelle, voluta a suo tempo dall’ex Ministro Passera;
• il decreto suddetto salva anche il progetto «Ombrina mare». La piattaforma della società inglese Medoilgas sorgerebbe a sole 3 miglia dalla meravigliosa Costa dei Trabocchi della provincia di Chieti in Abruzzo
Rischi procedure estrazione petrolio
• l’estrazione di petrolio è un processo altamente inquinante. Per raggiungere il giacimento le trivelle utilizzano sostanze chimiche dette «fanghi e fluidi perforanti» necessari per eliminare gli strati rocciosi, controllare la pressione, lubrificare e raffreddare lo scalpello delle trivelle e consolidare il foro di perforazione. In particolar modo nei pozzi petroliferi off-shore si usano dei fanghi del tipo SBM (Synthetic based mud) costituito da oli sintetici con un certo grado di tossicità. Tali fluidi sono difficili e costosi da smaltire ed hanno la capacità di contaminare acque e terreni. I fanghi devono essere smaltiti con particolari procedure. Generalmente il controllo per le trivellazioni sulla terraferma costringe allo smaltimento. In mare, invece, la prassi ordinaria è quella di rigettarli nelle acque;
• secondo gli studi effettuati il petrolio presente nei nostri fondali oltre ad essere esiguo è anche ricco di impurità, e di difficile estrazione. Il petrolio estratto nell’Adriatico si presenta dunque come una fanghiglia corrosiva, melmosa e densa che necessita di una lunga lavorazione per l’utilizzo di destinazione, a processo che inizia già sulle piattaforme marine;
• è noto come la maggior parte degli sversamenti di idrocarburi in mare, circa l’80 per cento, sia dovuto allo svolgimento di attività di routine di manutenzione degli impianti, di estrazione e trasporto degli idrocarburi. Una piattaforma in mare nell’arco della sua vita rilascia mediamente 90.000 tonnellate di sostanze inquinanti; il Mediterraneo ha una densità di catrame pelagico di 38 milligrammi per metro quadro, una percentuale altissima ormai assolutamente insostenibile. Anche gli incidenti sulle piattaforme non sono rari;
Convenienza per petrolieri in Italia:
• l’Italia è una sorta di paradiso, in questo caso fiscale, per i petrolieri.
• esistono meccanismi che riducono a nulla il rischio d’impresa, mettendo però ad alto rischio l’ambiente
• le prime 20 mila tonnellate di petrolio prodotte annualmente in terraferma, come le prime 50 mila tonnellate di petrolio estratte in mare, i primi 25 milioni di metri cubi di gas in terra e i primi 80 milioni di metri cubi in mare sono esenti dal pagamento di aliquote allo Stato.
• Le aliquote (royalties) sul prodotto estratto sono di gran lunga le più basse al mondo: le royalties gravano per il 10 per cento sugli idrocarburi liquidi e gassosi estratti (a terra sono ripartite tra lo Stato, le regioni e gli enti locali interessati), con l’eccezione degli idrocarburi liquidi estratti in mare per i quali l’aliquota è dei 4 per cento. In Russia sono dell’80 per cento, in Alaska del 60 per cento, in Canada del 45 per cento, negli USA del 30 per cento
• la quota delle royalties spettanti per legge alle regioni, difficilmente riesce ad avere un valore di compensazione rispetto ai danni ambientali ed economici che le attività estrattive comportano
Perché non investire in giacimenti gas e idrocarburi:
• rischi sismici, l’imprevedibilità dell’attività tellurica e vulcanica sotto la crosta terrestre, in mare e sulla terraferma: rischio danni a impianto – rischi popolazione
• intaccherebbe l’integrità dei siti, marini e terrestri e l’immagine ad alto valore naturalistico che sempre più si va imponendo all’attenzione del turismo internazionale
• abbiamo riserve per 50 giorni di petrolio nei fondali marini, vale la pena rischiare?
Fracking:
Con fratturazione idraulica (Fracking) si intende una modalità di estrazione di idrocarburi, come petrolio (Shale Oil) e gas naturale (Shale Gas), dalle rocce mediante l’iniezione ad alta pressione di acqua ed altri reagenti chimici nel sottosuolo fratturando violentemente le rocce di scisto sottostanti incrementando in tal modo la liberazione e la migrazione in superficie dei fluidi contenenti idrocarburi liquidi o gassosi per il successivo immagazzinamento;
Effetti:
– dannosi anche di tipo ambientale
– si può determinare la messa in comunicazione di falde con differenti qualità delle acque
– si può determinare l’inquinamento di falde con le sostanze utilizzate nel processo di fratturazione idraulica (spesso pericolose, tra le quali naftalene, benzene, toluene, xylene, etilbenzene, piombo, diesel, formaldeide, acido solforico, tiourea, cloruro di benzile, acido nitrilotriacetico, acrilamide, ossido di propilene, ossido di etilene, acetaldeide, ftalati, cromo, cobalto, iodio, zirconio, potassio, lanthanio, rubidio, scandio, iridio, krypton, zinco, xenon e manganese);
– utilizzata negli Stati Uniti dove è dimostrato che stia creando notevoli danni ambientali,
– in Europa è impraticabile (come ha affermato Leonardo Maugeri, ex direttore strategie e sviluppo di Eni, durante la puntata del programma d’inchiesta «Report» del 12 maggio 2014) per la densità della popolazione e le inevitabili proteste;
– in Italia il «Fracking» è tecnicamente vietato ma ufficialmente non esiste alcuna norma che lo bandisca;
La commissione Ichese:
il 2 maggio 2012 si è insediata la commissione internazionale ICHESE (Commissione tecnico-scientifica per la valutazione delle possibili relazioni tra attività di esplorazione per gli idrocarburi e aumento di attività sismica nel territorio della regione Emilia Romagna colpita dal sisma del mese di maggio 2012), la cui composizione garantisce competenze nei settori della tettonica, sismologia, tecnologia delle perforazioni, sismicità indotta e attività di esplorazione e stoccaggio degli idrocarburi, è stata incaricata di svolgere gli approfondimenti necessari a rispondere ai seguenti quesiti, relativi specificatamente al territorio colpito dagli eventi sismici del maggio 2012:
a) è possibile che la crisi sismica emiliana sia stata innescata dalle ricerche sul sito di Rivara effettuate in tempi recenti, in particolare nel caso siano state effettuate delle indagini conoscitive invasive, quali perforazioni profonde, immissioni di fluidi, ecc.
b) è possibile che la crisi sismica emiliana sia stata innescata da attività di sfruttamento o di utilizzo di reservoir, in tempi recenti e nelle immediate vicinanze della sequenza sismica del 2012
Risoluzioni
Richieste Zan (SEL):
• rispetto 12 miglia per tutti anche prima di 2010
• prendere a riferimento le linee di base delle acque territoriali lungo l’intero perimetro costiero nazionale, e non le linee di costa come attualmente previsto
• sospendere l’iter di tutte le autorizzazioni per nuove attività di prospezione e coltivazione di giacimenti di idrocarburi nel Mediterraneo in attesa della definitiva approvazione e dell’entrata in vigore del nuovo regolamento in materia
• sottoporre tutte le attività a VIA
• aumentare royalties
Richieste Bianchi (PD):
• sospendere autorizzazioni per nuove attività
• ripristinare 12 miglia per tutti (anche attività precedenti al decreto del 2010)
• no a nuovi impianti
• VIA richiesta sempre anche per attività finalizzate a migliorare le prestazione degli impianti di coltivazione di idrocarburi
• i titolari di concessioni garantiscano adeguati piani di emergenza e le risorse economiche per la copertura degli interventi immediati di sicurezza, disinquinamento e bonifica, in caso di incidente, anche attraverso il deposito di adeguate cauzioni
• verificare la sussistenza dei requisiti economici e tecnici delle società titolari di permessi di ricerca in modo da garantire efficienza tecnica, sicurezza e pieno rispetto di tutte le prescrizioni e dei vincoli stabiliti dalle autorità competenti
Richieste Cominelli (PD):
• revisione sistema autorizzazioni a terra con un maggior coinvolgimento del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio del mare e una maggiore trasparenza e pubblicizzazione dei risultati;
• una quota maggiore di royalties ai territori interessati dalla ricerca ed estrazione di idrocarburi nella terraferma, da destinare a misure di carattere ambientale a titolo di compensazione per gli interventi da realizzare;
• una quota maggiore allo Stato, da destinare esclusivamente a misure per diminuire la dipendenza da fonti energetiche fossili e la diffusione di fonti energetiche non inquinanti e rinnovabili;
• nuove modalità di coinvolgimento della popolazione lungo tutto il processo decisionale attraverso pubbliche consultazioni, o comunque favorendo una interazione con i cittadini al fine di condividere gli interventi a cui è soggetto il loro territorio, ciò anche attraverso strumenti partecipativi sperimentali;
• revisione Strategia energetica nazionale per la progressiva emancipazione dalle fonti fossili
• sospensione concessione di ulteriori permessi nelle zone ad alto rischio sismico.
Richieste M5S:
• divieto della tecnica della fratturazione idraulica;
• includere nella valutazione di impatto ambientale (VIA) le operazioni relative alle esplorazioni, alle ricerche e all’estrazione del gas da scisto o relative a concessioni o espansioni di concessioni rilasciate in date precedenti al decreto del 2010 e quindi a rivedere e nel caso ad annullare l’efficacia dei titoli abilitativi già rilasciati alla medesima data nell’ambito di un disegno di legge di iniziativa governativa o parlamentare di riordino delle procedure autorizzative;
• rivedere ampliamento zone prospezioni in mare e conseguentemente, rivedere il complesso delle autorizzazioni per la ricerca, le prospezioni e le perforazioni in mare rilasciate a seguito di esso;
• il parere degli enti locali sulle installazioni da assoggettare a valutazione di impatto ambientale (VIA) sia acquisito e vagliato nell’ambito dello stesso procedimento di valutazione d’impatto ambientale, al fine di assicurare la previsione e la conseguente valutazione del parere degli enti locali in relazione alle istanze di rilascio di titoli minerari in mare;
• valutare quale sia l’effettiva produttività dei giacimenti in esercizio e ad assicurare che le imprese responsabili reperiscano le risorse necessarie a finanziare le attività didecommissioning
• l’innalzamento delle royalty sulle attività estrattive e sulle concessioni di coltivazione in mare;
• prevedere che l’istruttoria per le perforazioni in mare e in terraferma sia effettuata mediante il contributo di istituti di livello nazionale in possesso delle professionalità tecniche e delle competenze specialistiche
• ratifica degli accordi e delle convenzioni internazionali, a cui l’Italia aderisce – ed in particolar modo del Protocollo offshore della Convenzione di Barcellona – che in ogni modo mirino a prevenire o a minimizzare gli impatti prodotti dalle attività di ricerca, prospezione e coltivazione di idrocarburi che si svolgono lungo le coste, unitamente a tutte le convenzioni concernenti la prevenzione o minimizzazione degli impatti prodotti dal trasporto di idrocarburi e sostanze pericolose via mare o comunque relative all’inquinamento marino;
• definire una comune strategia con tutti gli altri Paesi del Mediterraneo per una severa regolazione dello sfruttamento di giacimenti sottomarini di idrocarburi nell’intero bacino
• verificare la compatibilità di attività eventualmente in corso da parte di Stati mediterranei in acque internazionali o di loro competenza con gli accordi internazionali in essere e con le discipline regolative concernenti lo sfruttamento della piattaforma continentale e comunque sollecitare il fermo di iniziative che, data la particolare contiguità e vicinanza con la regione marina e con le coste italiane, potrebbero metterne a rischio
• assicurare il recepimento della direttiva 2013/30/UE, prestando particolare attenzione alla valutazione delle capacità tecnico-economiche del richiedente, anche per far fronte a eventuali misure di compensazione di danni ambientali, al coinvolgimento dei territori e ai compiti della autorità competente
• assicurare che gli introiti erariali previsti siano integralmente assegnati per assicurare il pieno svolgimento rispettivamente delle azioni di monitoraggio e contrasto dell’inquinamento marino e delle attività di vigilanza e controllo della sicurezza anche ambientale degli impianti di ricerca e coltivazione in mare
• prevedere la sospensione delle attività in zone a rischio sismico, vulcanico, tettonico così come indicato da indagini scientifiche preventive di supporto effettuate dagli enti di ricerca INGV, ISPRA e CNR;
• prevedere il blocco delle attività in corso e del rilascio di future autorizzazioni previste in zone di particolare ripopolamento ittico, così come opportunamente indicato da indagini scientifiche preventive di supporto, effettuate dagli enti di ricerca INGV, ISPRA e CNR;
• effettuare un’analisi preventiva dei costi e dei benefici in relazione a future attività esplorative da autorizzare in zone di particolare pregio turistico ed economico;
• prevedere un’analisi epidemiologica effettuata dell’istituto superiore di sanità, sui rischi della salute umana che andrebbe ad analizzare l’attività di ricerca, esplorazione e coltivazione idrocarburi e a disporre il blocco e il rilascio di future autorizzazioni qualora siano comprovati i rischi;
• porre in essere ogni atto di competenza, anche di carattere normativo, finalizzato ad adeguare i livelli di rilascio di idrogeno solforato attualmente previsti, secondo l’Organizzazione mondiale della sanità (OMS), di 0,005 parti per milione (ppm); ad adottare ogni opportuna iniziativa, anche normativa, tesa a salvaguardare la salute delle popolazioni residenti nelle aree esposte alle emissioni di idrogeno solforato ed ove sussistono attività estrattive, di lavorazione e di stoccaggio di prodotti petroliferi;
• estendere quanto previsto dall’articolo 35 del decreto-legge 22 giugno 2012 n.83 anche per quanto riguarda gli «scogli affioranti» e per le aree marittime e costiere protette in fase di attuazione o costituzione;
• normare il sistema di smaltimento previsto dalla normativa vigente per «fanghi e fluidi perforanti» che si generano per raggiungere i giacimenti petroliferi anche per gli impianti offshore al fine di impedire la prassi secondo cui questi fanghi nelle fasi di estrazione marittima vengono dispersi nelle acque;
• estendere la autorizzazione alla VIA anche per le fasi di manutenzione ordinaria che sono la causa dell’80 per cento degli sversamenti in mare, che nello specifico disperdono in mare ben 90.000 tonnellate l’anno di sostanze inquinanti;
a far adottare agli impianti autorizzati o in fase di autorizzazione quanto previsto dalla direttiva europea 2010/75/UE in termini di emissioni industriali per il quale lo Stato può avviare ed imporre le clausole di salvaguardia;
• assumere iniziative per prevedere che gli impianti di ricerca, sviluppo e coltivazione di idrocarburi siano sottoposti a controllo annuale da parte dell’ISPRA con i costi di verifica a carico delle società concessionarie.
Tagged with: fracking gas notriv petrolio trivellazione trivelle